Nome in codice: Progetto Dirnano.
Obiettivo: individuare nanoparticelle antitumorali terapeutiche capaci di trasportare farmaci o di stimolare la risposta immune antitumorale.
Sarà il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova, capitanato dal professor Emanuele Papini, a coordinare scientificamente 12 istituzioni (università, istituti di ricerca e imprese distribuiti nel continente europeo dalla Scandinavia, al Regno Unito, fino alla penisola iberica) e 15 giovani ricercatori allo scopo di progettare delle nanoparticelle in grado di sfuggire al sistema immunitario del paziente o, al contrario, di sfruttarne la sua attivazione e superare così l’impasse che impedisce l’applicazione efficace di nanomedicine utili alla cura di malattie umane mortali, come la neoplasia maligna.
Il Progetto Dirnano, che partirà il primo ottobre 2021, durerà quattro anni e godrà di un finanziamento di oltre 4 milioni di euro, «ha per obiettivo lo studio sistematico delle proprietà di nanoparticelle di varia natura chimica e ricoperte con polimeri, lipidi o pattern molecolari vari. – Spiega il professor Papini – La nanomedicina, cioè l’idea di costruire e usare piccoli oggetti delle dimensioni intorno a un decimo di micron o meno, per trasportare in modo mirato agenti curativi o per individuare ed eliminare cellule malate o tessuti alterati, ha suscitato grandi entusiasmi, specie nell’ultimzo decennio. Andremo a vedere come le difese istantanee e preesistenti del nostro organismo, normalmente dedicate alla eliminazione di microorganismi o cellule alterate, reagiranno contro la nostra batteria di nanoparticelle. Può infatti accadere, e questo è la nostra ipotesi centrale, che le nanoparticelle siano riconosciute come estranee dal nostro sistema difensivo o innato, cioè che siano scambiate per batteri o virus oppure per “cadaveri cellulari”, oggetti potenzialmente pericolosi e comunque da intercettare ed eliminare. Vogliamo quindi studiare come certi agenti difensivi del nostro corpo “leggono” la superficie delle nanoparticelle per capire che cosa è riconosciuto come uguale o simile ai microorganismi e perché. Una volta che avremo compreso quali caratteristiche molecolari di superficie favoriscono o meno l’interazione con le proteine di difesa umane avremo uno strumento potente per modulare o dirigere nanoparticelle cariche di agenti terapeutici o diagnostici o contenenti antigeni tumorali verso i loro target cellulari».
Fonte: https://www.padovaoggi.it