Si propaga attraverso una “stretta di mano” come quella dei trapezisti del circo quando si allacciano in volo nelle fasi più difficili del loro spettacolo: è così che lavora l’udito secondo i ricercatori della Harvard Medical School e del Boston Children’s Hospital.
La scoperta, recentemente pubblicata su Nature Communications, conferma quanto l’apparato uditivo umano risulti complesso, finanche a livello molecolare. Lo studio dimostra che alla base dell’udito vi è un’importante e delicatissima connessione tra due coppie di microscopici filamenti proteici che lavorano come i trapezisti del circo.
A livello molecolare, infatti, molto curiosamente, il legame tra questi due filamenti non agisce come una corda statica, ma viene interrotto e ripreso in tempi brevissimi, misurabili in decimi di secondo.
Il suono viene percepito attraverso la tensione di questi minuscoli filamenti che attivano le cellule sensoriali nell’orecchio interno. L’intero apparato è minuscolo, fatto da meno di una dozzina di proteine, ma è interamente responsabile dell’udito, ossia della trasformazione del suono esterno da uno stimolo meccanico ad un segnale elettrico percepibile poi dal cervello.
Infatti l’apparato è abbastanza forte da poter svolgere questa importante funzione basata su uno stimolo meccanico, ma allo stesso tempo abbastanza sensibile per poter creare quella condizione di micro-interruzione tra due filamenti essenziale per il suo funzionamento.
Infine, l’intero apparato è anche resiliente: perché mentre una coppia di filamenti può essere rotta dalla forza del suono esterno, l’altra coppia può poi rimanere collegata in maniera da consentire alla coppia “rotta” di potersi ricongiungere.
Fonte: hms.harvard.edu