Sono 400.000 le persone che ogni anno muoiono in Africa a causa della malaria. Una strage impossibile da combattere con i metodi utilizzati finora, ossia zanzariere, insetticidi, farmaci, candidati vaccini. Questo almeno fino ad oggi.
Sì perché uno studio recentemente pubblicato su Nature Communications sta provando a dimostrare che c’è un modo per modificare geneticamente le zanzare responsabili della diffusione della malaria allo scopo di azzerare il loro tasso di riproduzione nel giro di qualche mese.
Lo studio, intitolato “A genetically encoded anti-CRISPR protein constrains gene drive spread and prevents population suppression”, è stato portato avanti da un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra, della North Carolina State University, dell’Università tedesca di Würzburg e della britannica Keele University guidato dal prof. Andrea Crisanti, Direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova.
I ricercatori avevano già messo a punto uno stratagemma per favorire la diffusione di geni utili a bloccare la trasmissione della malaria, causando sterilità nelle zanzare Anopheles gambiae o uno sbilanciamento tra i sessi per rendere le zanzare incapaci di riprodursi. All’interno di un laboratorio ad elevata biosicurezza, Crisanti e i suoi colleghi avevano già dimostrato di poter portare al collasso una popolazione sperimentale di zanzare. Ora hanno aggiunto un nuovo tassello.
«I meccanismi mendeliani che regolano l’ereditarietà rappresentano una pesante limitazione: ogni volta che una zanzara modificata si accoppia con una selvatica, infatti, la modificazione genetica verrà ereditata solo dalla metà dei suoi figli e si troverà diluita nella popolazione – spiega il prof. Crisanti –. Se però il gene di interesse viene trainato da un drive genetico, ovvero da un elemento capace di auto-propagarsi, la caratteristica desiderata passerà all’intera progenie. Il metodo più efficace per far funzionare questo approccio è il copia-incolla eseguito con CRISPR/Cas9, che nei gene drive diventa una macchina di correzione perpetua del genoma, attiva generazione dopo generazione. Le speranze per controllare il processo o fermarlo del tutto, invece, si sono concentrate sugli agenti anti-CRISPR, delle proteine che impediscono alle forbici genetiche di tagliare.»
Quando la tecnologia sarà pronta per passare dal chiuso dei laboratori a test più realistici, i primi rilasci sperimentali nell’ambiente dovranno avvenire con un’attenta analisi di rischi e benefici, e con il consenso delle comunità locali.
«La tecnologia anti drive rappresenta un passo fondamentale nella strada che porta all’uso di tecnologie gene drive allo scopo di modificare la storia evolutiva di organismi dannosi poiché per la prima volta abbiamo a disposizione una tecnologia per limitarne la diffusione nello spazio e nel tempo» conclude Crisanti.
Fonte: Nature Communications