In futuro potremo rendere innocui due geni che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari: è il risultato incoraggiante di uno studio, non ancora rivisto in peer-review, presentato nel corso del meeting virtuale dell’International Society for Stem Cell Research.
Gli scienziati di un’azienda di biotecnologie specializzata in salute del cuore, la Verve Therapeutics, sono riusciti a disabilitare, nei primati, due geni responsabili dell’accumulo di grassi (presenti anche nell’uomo) che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari.
Il farmaco in questione consiste in due frammenti di RNA – un editor genetico e una piccola guida che lo dirige sulla sequenza da correggere. L’RNA è avvolto da sfere lipidiche che lo proteggono dalla degradazione istantanea per il tempo necessario a raggiungere il fegato, dove sono attivi i due geni da correggere. Quando il contenuto delle sfere è finalmente rilasciato, l’editor genetico approda sugli obiettivi: il gene PCSK9, che aiuta a regolare i livelli di LDL, il colesterolo “cattivo” che si accumula nelle pareti delle arterie; e l’ANGPTL3, che fa parte di un sistema che regola i trigliceridi, una classe di lipidi presenti nel sangue.
Nelle scimmie trattate, il farmaco è apparentemente riuscito ad apportare modifiche in ogni cellula del fegato. Dopo un paio di settimane dall’iniezione, i livelli di LDL e trigliceridi si sono abbassati rispettivamente del 59% e del 64%. Occorrerà ora monitorare eventuali mutazioni indesiderate, ma se la strategia si dimostrasse promettente, in futuro potrebbe risultare particolarmente utile sulle nuove generazioni: uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari è infatti il decennale accumulo di lipidi che finiscono per ostruire le pareti delle arterie. Esistono già farmaci che inibiscono l’attività del gene PCSK9 per abbassare i livelli di LDL, ma si tratta di farmaci molto costosi che devono essere iniettati ogni poche settimane. Dunque la ricerca dell’azienda con sede a Cambridge, in Massachusetts, risulta particolarmente promettente.
Fonte: www.nytimes.com