È molto difficile parlare di risoluzione dell’occhio umano a confronto con quella di una fotocamera digitale

perché il funzionamento è molto diverso.    In un CCD che è il sensore di una telecamera digitale,  la “risoluzione” rappresenta il numero totale di pixel sensibili e viene misurata in megapixel. Quindi una foto  ottenuta dalla stampa ha una risoluzione riferita alla densità dei pixel per pollice.  Per fare un’analogia con l’occhio umano, si potrebbe dire che la risoluzione potrebbe essere rappresentata dal numero totale di fotorecettori nella retina, che è di circa 100 milioni o potrebbe essere il numero totale di fibre nervose di collegamento con il cervello, che è circa 1 milione. Ma in realtà per essere più precisi si dovrebbe parlare di “risoluzione angolare” o gradi angolari per “pixel” che varia da 1 minuto d’arco (1/60 di un grado angolare) al centro dell’occhio, dove si trova la fovea,  che è un avvallamento nella retina nel quale abbiamo la massima acutezza visiva, fino a 1 grado o più nella periferia.

Un’altra differenza tra l’occhio umano e la fotocamera è che in quest’ultima, i pixel sono ortogonali tra loro su un sensore, che attraverso una griglia e la presenza di un filtro fornisce pixel rossi, verdi e blu e sopra vi è posta una lente. Nell’occhio umano invece i pixel cioè i fotorecettori sono distribuiti in maniera disomogenea sul sensore, con una maggiore densità di pixel nel centro ed inferiore alla periferia. Di questi circa 6 milioni di quei sensori sono sensibili al colore, dei quali solo 100.000 sono per la percezione del blu! Inoltre, la lente, il nostro cristallino, non è come quella della maggior parte delle fotocamere, ma è semi-sferica, con una diagonale di circa 22 mm ed una superficie di circa 1100 mm2.   Quindi ci sono molte differenze per fare un paragone tra l’occhio ed una fotocamera, ma con un po’ di calcoli matematici e grazie alla conoscenza dell’anatomia umana è stato possibile rispondere alla domanda di questo articolo: qual è la risoluzione dell’occhio umano in megapixel?

La risposta è    576 megapixel.

Infatti Roger N. Clark ha calcolato questo numero attraverso il concetto di “risoluzione angolare”. Si tratta di un’approssimazione che assume che in qualsiasi punto dell’occhio, dalla fovea alla periferia, ci sia la stessa acutezza visiva, ossia la stessa risoluzione angolare. Sembrerebbe infatti che il più delle volte il nostro occhio sia una fotocamera da 7 megapixel, che corrisponde alla risoluzione della fovea durante una singola occhiata, risoluzione sufficiente per far sì che tutti i pixel di cui è composta l’immagine che si staglia nel nostro campo visivo siano impercettibili.

Un altra considerazione da fare è che noi pensiamo e diamo per scontato che l’occhio umano veda “continuamente”, ma in realtà il processo è ciclico. Infatti l’occhio è mantenuto in costante movimento da microtremori oculari che si verificano circa 70-110 volte al secondo e il nostro cervello fonde costantemente l’ultima immagine catturata con tante altre immagini precedenti. Quindi non vediamo solo un oggetto, ma più frames e riconosciamo immediatamente un oggetto richiamando un’intera libreria di informazioni su ciò che abbiamo appena visto. Quindi a meno che qualcosa si muova troppo velocemente, la risoluzione varia da 120 megapixel a qualcosa come 500 megapixel sempre perchè l’immagine è costruita da più campioni. Quindi i pixel sono solo una parte dell’equazione alla base della risoluzione dell’occhio umano, che dipende in realtà da moltissimi altri fattori. Per esempio, la quantità di luce, la dimensione delle lenti oculari, e la distanza del soggetto dall’immagine che sta osservando e la velocità di movimento dell’oggetto.

E poi interviene il cervello!

La luce passa attraverso la cornea e la pupilla verso il cristallino . La forma della cornea focalizza leggermente la luce in entrata prima che entri nel cristallino. Il sistema ottico dell’occhio è tale da produrre un’immagine invertita del campo visivo sulla retina; il sistema si comporta come una lente convessa ma è, di fatto, molto più complesso: la rifrazione avviene non su due superfici, come in una lente, ma su quattro superfici separate – sulle superfici anteriore e posteriore sia della cornea sia del cristallino. Ciascuna di queste superfici è approssimativamente sferica così che i raggi di luce vengano indirizzati in modo da metterli a fuoco sulla retina. La quantità di luce che passa attraverso la cornea è regolata dall’iride, ossia quella porzione che determina il colore dei nostri occhi, e che circonda la pupilla e ne regola le dimensioni. In piena luce l’iride riduce le dimensioni della pupilla, che lascia entrare meno luce, mentre in penombra, l’iride espande la pupilla, lasciando entrare più luce. I muscoli e i legamenti ciliari fanno sì che il cristallino cambi forma, consentendo alla lente di focalizzare la luce sulla retina. Questo processo è chiamato accomodazione. Con l’invecchiamento, il cristallino diventa meno flessibile e la capacità dell’occhio di concentrarsi su oggetti

vicini è ridotta. Dalla retina partono tutte le fibre nervose collegate al cervello. Queste fibre prendono nomi diversi in base alla loro posizione sulla retina. Alcune di esse attraversano il lato opposto del cervello creando un incrocio chiamato chiasma, che fa sì che un oggetto, che si trova nel campo visivo della mano destra, produca effetti sul lato sinistro del cervello. Il chiasma che consente la visione binoculare, fondendo le risposte di entrambi gli occhi in una singola immagine.

L’occhio umano quindi presenta caratteristiche uniche ed eccezionali che non possono essere confrontate con nessuno strumento digitale oggi disponibili.

 

 

Fonte: thedifferentgroup.com

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